26 novembre, scendiamo in piazza con le donne!

In vista della manifestazione “Non una di meno”,  sabato 26 novembre, il circolo Anddos-Gaynet Roma ha rivolto un appello aperto a tutta la comunità LGBTI,  “L’arcobaleno in piazza con le donne”. Appuntamento per sabato 26 novembre, ore 14:00 in Piazza della Repubblica.

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► Che vuol dire “frocio”

Tutte le volte che abbiamo sentito la parole “frocio” o “checca”, abbiamo sentito insulti e parole che in fondo ci dicono: “Non sei abbastanza maschio”. Sei “donna”. Come se essere donna fosse qualcosa “di meno”. Qualcosa di inferiore.

Questa visione misogina e maschilista della donna è ancora fortissima nel modo di pensare di tanti uomini e donne anche nell’Italia del terzo millennio, un’eredità negativa del passato che fatichiamo a lasciarci alle spalle.
Un solo esempio: nel nostro Paese, avere molte relazioni sessuali è considerato del tutto sconveniente per una donna, mentre rimane motivo di orgoglio e virilità per un uomo.

Il risultato è che negli ultimi 20 anni gli omicidi in generale sono diminuiti di quasi 3 volte, mentre il numero di femminicidi è rimasto invece invariato.

► Anche l’omofobia è maschilismo

Il maschilismo, nelle sue mille declinazioni, è discriminazione, è violenza psichica e fisica contro le donne, è omofobia e discriminazione delle persone lesbiche, gay, bisessuali, intersex, è transfobia e stigmatizzazione delle persone trans. E’ negazione della pari dignità, nella società, nel lavoro e in tutti gli spazi in cui si sviluppa la personalità. E’ negazione della nostra Carta Costituzionale.

Combattere la violenza e la discriminazione delle donne significa lottare per un passo in avanti di civiltà nel Paese. Non esiste, infatti, solo un problema di diritti “sulla carta”, ma anche una necessità di fare passi da gigante sul terreno della cultura.

► Stop indifferenza, facciamolo tutti e tutte

Per fortuna, ci sono tanti uomini che non hanno bisogno di sopraffare le donne per definirsi tali; per fortuna ci sono tante donne che hanno deciso di dire “basta”, senza se e senza ma. Ognuno e ognuna di noi può combattere il maschilismo e la violenza sulle donne; bisogna solo alzare la voce, tutti e tutte insieme.

Molte responsabilità vengono dalla storia. Ma la storia può cambiare, come dimostrano le grandi conquiste degli ultimi 50 anni sul terreno diritti civili. Conquiste che vanno difese con la cultura e con la mobilitazione, conquiste per cui bisogna ancora combattere e che devono lanciarci verso nuovi obiettivi di parità e uguaglianza. L’unica vera responsabilità, in fondo, è di chi resta indifferente.

► 26 novembre, h 14:00 Piazza della Repubblica

Per questo, vogliamo rivolgerci a chi si sente vicino alla bandiera arcobaleno e a ciò che rappresenta: Sosteniamo la piazza del 26 novembre , “Non una di meno”, contro il maschilismo e la violenza sulle donne. Le grandi battaglie si vincono insieme. E questa è una di quelle.

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L’appello è stato promosso dagli attivisti e dalle attiviste di Anddos-Gaynet Roma ed è aperto ad ogni tipo di adesione e collaborazione (singole o individuali)
Per aderire basta scrivere in bacheca, la lista verrà creata e aggiornata a breve.
Come circolo saremo in corteo con lo spezzone di corteo organizzato dalla rete di Educare alle Differenze
info: 3476866649
info@anddos-gaynet-roma.org

https://www.facebook.com/GaynetRoma/?fref=ts

Friarielli in guantoni da Boxe

orlandocruzjorgepazosvorlandocruzaysrgs_po7gldi Tom Dacre

Durante una puntata del Grande Fratello Vip (programma su cui non mi esprimo) il pugile Clemente Russo, argento olimpico a Pechino e Londra tra i pesi massimi e concorrente del reality, ha definito  “friariello” un altro concorrente del programma, Bosco Cobos, per sottolinearne l’omosessualità.
L’accaduto, oltre a mostrare l’omofobia del pugile in questione, di certo non fa onore alla nobile arte del pugilato, dove ci sono stati esempi di campioni friarielli, come il peso piuma portoricano, Orlando Cruz, soprannominato El Fenòmeno, ancora in attività, che si è dichiarato omosessuale nel 2012.

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Emile Alphonse Griffith

Altro esempio di campione friariello è l’afroamericano Emile Alphonse Griffith, venuto a mancare nel 2012, che dichiarò la propria bisessualità (eh sì, esistiamo anche noi bisex) tardivamente, nel 2005, anche se era già nota quand’era in attività e quando deteneva il titolo di campione mondiale dei pesi welther, tra il 1962 e il 1968.
Furono per lui anni difficili, non solo Griffith era friariello, ma era pure negro, in un’epoca in cui entrambe le categorie erano discriminate, anche legalmente, nei democratici Stati Uniti d’America: le leggi segregazioniste prevedevano meno diritti civili per la cittadinanza nera e scuole, ristranti bagni pubblici e posti sui mezzi di trasporto dedicati, diversi da quelli delle persone bianche; l’omosessualità in molti Stati dell’Unione era punita con il carcere.

 

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Griffith durante l’icnontro che fu fatale a Benny Paret

Il peso delle discriminazioni cui Griffith era sottoposto fu visibile nel match che gli consegnò il titolomondiale, il 24 marzo del 1962; in quell’occasione l’avversario, Benny Paret, gli diede del marìcon (frocio in spagnolo), credendo così di abbatterlo e sminuirlo, sortendo l’effetto contrario: l’orgoglio e la rabbia di Griffith aumentarono, la forza dei suoi affondi fu enorme, e i suoi colpi, purtroppo, portarono Paret al coma e, dieci giorni, dopo alla morte.
A Griffith l’amarezza per la morte dell’avversario rimase tutta la vita, tuttavia il suo perseverare a partecipare a uno sport nonostante l’odio e le discriminazioni, sono un esempio per la comunità LGBT+ e non solo.