La subcultura skinhead non è omofoba nè di destra

di Tom Dacre

baby skin Spesso si fa l’errore di associare la subcultura skinhead al nazifascismo e all’estrema destra, complice la stampa che spesso affibbia la parola “skinhead” a gruppi neonazisti e neofascisti.
Nulla di più sbagliato.
Lo stile skinhead, nato alla fine degli anni’60, sorse dalle periferie britanniche abitate dalla working class sia locale che immigrata dalle colonie, quindi si tratta di uno stile antirazzista, vicino anche alle idee di sinistra essendo sorto nella classe operaia.
Caratteristiche di tale stile sono i capelli rasati, dovuti al fatto che gli ambienti di lavoro non erano pulitissimi e i capelli rasati evitavano il rischio di prendere parassiti, gli anfibi, cioè scarpe da lavoro antinfortunistiche e resistenti, e i jeans stretti, molto più comodi dei jeans a zampa d’elefante di moda all’epoca.
Oltre al razzismo non c’è nemmeno traccia di omofobia nel nascente movimento skinheads, tanto che, per fare un esempio, la foto più nota di skinheads dell’epoca, divenuta iconica per tale subcultura, fu scattata dal fotografo dichiaratamente omosessuale Terry Spencer, che non ebbe problemi a relazionarsi con gli skins.GRANDE skinheads-at-piccadilly

Fino alla fine degli anni ’70 gli skinheads ascoltavano principalmente musica reggae, rock steady e ska; con l’arrivo della musica punk cominciarono ad ascoltare anche questo genere, iniziando anche a produrre un proprio stile di punk, dalla musica più rozza e più lenta, e con la voce più rude, detto punk-oi genere che arrivò anche in Italia nei primi anni ’80 con la band Nabat.
Dall’arrivo del punk-oi in Italia nacquero numerose band skins, tra le quali ricordiamo i Los Fastidios, band dichiaratamente antirazzista e antifascista, formatasi a Verona nel 1991, che con la canzone “Johnny and the Queer Boot Boys” si schiera contro l’omofobia.

 

Il problema dei naziskin purtroppo sorse alla fine degli anni’80, quando il National Front (Fronte Nazionale), partito dell’estrema destra inglese, cominciò a fare propaganda tra le curve degli stadi, frequentate da molti skins, incolpando immigrati e stranieri dei problemi della Gran Bretagna.
Molti skins cedettero a tale propaganda, non solo razzista ma anche omofoba, facendo nascere il fenomeno dei naziskin. A causa delle loro azioni violente e razziste i naziskin sono finiti nei fatti di cronaca, e i giornalisti hanno associato lo stile naziskin a quello skinhead ignorando che esso non solo aveva altre origini, ma anche che la maggior parte degli skins non aderirono alle idee di estrema destra dei naziskin.
In contrapposizione ai naziskin, e per riportare lo spirito antirazzista e working class al centro della scena punk-oi, nacque negli anni ’90 negli USA il movimento SHARP SkinHeads Against Racial Prejudice, (“Skinhead contro il pregiudizio razziale”) che dagli States si espanse velocemente in Europa e nel resto del mondo. SHARP reca come simbolo l’elmo troiano, ripreso dai vinili della Trojan Records una casa discografica che produceva vinili reggae, rock steady e skai.mural_sharp_skinheads_against_racial_prejudice
Nota fu la presa di posizione del cantante della band punk-oi gallese The Oppressed, Roddy Moreno, che ebbe a dire: Nessuno skinhead veramente tale è razzista. Senza la cultura giamaicana gli skinhead non esisterebbero. È stata la loro cultura, mischiata a quella della working class britannica, a fare dello skinhead ciò che è.

Altro movimento che nacque in contrapposizione ai naziskin, e per riportare al centro della scena punk-oi l’antirazzismo e l’unione della working class, inserendo anche ideali anticapilisti dell’estrema sinistra quali comunismo e anarchia, fu il movimento RASH Red&Anarchist Skinheads (Skinhead Rossi & Anarchici), nato a New York nel 1993 caratterizzato dal simbolo delle tre frecce, mutuato dalle formazioni antinaziste storiche presenti in Germania che combatterono il nascente nazismo prima che questo prendesse il potere, e che rappresentano la Libertà, l’Uguaglianza e la Solidarietà.
Anche il movimento RASH si diffuse presto in Europa, e anche al di fuori di essa, e attualmente in Italia sono presenti sia il movimento SHARP che il movimento RASH.

Nella subcultura skinhead, non sporcata da razzismo e politica di estrema destra, non ci sono discriminazioni verso persone omosessuali, bisessuali e transessuali.

E’ un peccato che molte persone LGBT non si avvicinino a questa subcultura a causa dei suoi apparenti legami con il nazifascismo, ipotizzati dal cattivo giornalismo.

Lettera al Sindaco di Firenze Dario Nardella nel giorno del Toscana Pride

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Oggi, in occasione del Toscana Pride – Parata dell’orgoglio lgbt a Firenze,  abbiamo consegnato al Sindaco Dario Nardella una lettera di protesta riguardo le motivazioni (sic!) che lo hanno portato a rifiutare il patrocinio el Comune al Pride.

Eccone il testo:

Al primo cittadino di Firenze Dario Nardella,

Siamo un gruppo romano di persone lesbiche, gay, bisessuali, transgeder, intersex ed etero impegnate  nell’informazione sulle tematiche LGBTI e nella diffusione di servizi utili tanto per il benessere quanto per la salute sessuale dell’individuo.

Le scriviamo in merito alle motivazioni da Lei addotte per negare il patrocinio al Toscana Pride, presentato quale evento politico “che divide”.

Il “Toscana Pride”, come ogni altro Pride in Italia e nel resto del mondo, è un momento di commemorazione dei movimenti di lotta che nel 1969 videro per la prima volta le persone LGBTI combattere per i diritti negati: gli stessi diritti umani di ogni altro cittadino e cittadina.

I diritti umani non hanno colore politico ma sono universali come ribadito nel Manifesto del Toscana Pride e come riconosciuto dalla Dichiarazione dei diritti umani che anche l’Italia ha firmato,  come sanno bene le centinaia di Istituzioni, italiane e internazionali, che hanno patrocinato i Pride del Paese. Anche a Roma – dopo quelli delle ambasciate statunitense, francese, canadese e tedesca – il nostro comune commissariato si è sentito in dovere di dare il patrocinio.

Le ricordiamo che secondo la Disciplinare delle attività di rappresentanza istituzionale del sindaco e della giunta del comune di Firenze “Il patrocinio può essere concesso dal Sindaco a quelle iniziative e manifestazioni che coinvolgano parte o tutto il territorio comunale o abbiano una rilevante ricaduta per il territorio e la comunità cittadina e che presentino almeno uno dei seguenti requisiti:

  1. Siano pertinenti ai settori di attività di competenza dell’Ente;
  2. Siano corrispondenti alle esigenze di particolare valore sociale, morale, culturale, celebrativo, educativo, sportivo, ambientale ed economico che il Comune di Firenze rappresenta” (art. 2, c. 2)”.

Il Toscana Pride, come ogni marcia dell’orgoglio, è una manifestazione che risponde oggettivamente a pieno titolo a questi requisiti, riteniamo dunque che la Sua motivazione contraria non sussista, a meno che non esprima – quella sì – un punto di vista politico che Lei, in quanto Primo Cittadino, non può permettersi perché rappresenta l’intera cittadinanza e non solo quella parte di elettorato che l’ha votata.

Ci appare inaccettabile anche la dichiarazione del Capogruppo PD Angelo Bassi il quale, nel sostenere  la Sua decisione, è arrivato a presentare il Pride come un evento divisivo affermando  “Quanto al Gonfalone le nostre idee sono chiare: sfila nei cortei se ci sono temi che uniscono” come se l’uguaglianza e la parità dei diritti fossero mere opinioni e dunque soggette all’agone politico, e non  principi universali e imprescindibili.

Pur apprezzando il gesto di avere esposto la bandiera arcobaleno sulla facciata di Palazzo Vecchio per ricordare le vittime della strage di Orlando riteniamo che sia ipocrita esprimere vicinanza ai morti e alle morte di quella strage mentre non si reputa opportuno sostenere le iniziative per i diritti di chi è in vita.

Veniamo a consegnarle con questa lettera tutto il nostro sdegno per una decisione arbitraria e omofoba.
Anddos-Gaynet Roma

Il metal lgbtqi

di Tom Dacre

L’immagine data delle persone lgbtqi dalle associazioni in genere e nella comunicazione massmediale non ha nulla a che fare con la musica metal, anzi è spesso vicina alla cultura pop, a volte dovutamente (è nota la vicinanza di popstar quali Madonna, Beyoncè e Lady Gaga alle lotte lgbtqi), altre volte senza alcun motivo (non si capisce perché ai pride si debbano sentire musiche di Lorella Cuccarini, che ha più volte espresso pensieri contrari verso le rivendicazioni di lesbiche, gay e bisessuali, o di Britney Spears, sostenitrice di George Bush, che definire non gayfrendly è un eufemismo…).

Eppure nella musica metal non solo è difficile trovare canzoni che inneggino all’omofobia, ma sono anzi presenti anche testi che parlano di rapporti omosessuali, e ci sono anche musicisti di alto livello, tra i più conosciuti nell’ambiente metal, dichiaratamente omo o bisessuali.

Ne elenchiamo giusto i 3 più noti:

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Roddy Bottum, tastierista dei Faith No More, band statunitense che mischia la new wave con l’heavy metal, il punk HC e l’alternative rock, si è dichiarato omosessuale, e ha scritto la canzone Be Agressive, dove parla del praticare sesso orale a un uomo.

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Gaahl, per anni frontman dei Gorgoroth, band blackmetal norvegese,  è dichiaratamente omosessuale ed è considerato uno dei più grandi cantanti black metal.

 

 

 

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Rob Halford, frontman dei Judas Priest, gruppo britannico Heavy Metal, considerato il miglior cantante metal, tanto da essere chiamato “the master of metal”, è dichiaratamente omosessuale.

 

 

Questi tre artisti, non solo non hanno mai nascosto il proprio orientamento sessuale, ma hanno anche combattuto contro l’omobitransfobia, e a favore dei diritti delle persone lgbtqi, il loro orientamento sessuale è conosciuto dai loro e dalle loro fan, che, per quanto non proprio compatibili all’immagine delle persone lgbtqi data dalle associazioni, non si azzarderebbero mai a compiere atti di omofobia (cosa che non si potrebbe giurare da parte di alcune delle persone modaiole e discotecare…).
Tuttavia le associazioni lgbtqi continuano a non fare richiami al metal nelle loro pubblicità, né incoronerebbero mai le tre sovra citate icone gay del metal, come invece fanno con personaggi lontanissimi dalle lotte lgbtqi quali Britney Spears o Paris Hilton.

17 maggio Giornata internazionale contro l’omofobia, la transfobia e la bifobia (IDAHOT)

La Giornata internazionale contro l’omofobia è stata creata nel 2004 per iniziativa dello scrittore e attivista di nazionalità francese Louis-Georges Tin per richiamare l’attenzione della politica, delle autorità locali, dei movimenti sociali, dell’opinione pubblica e dei media sulla violenza e sulla discriminazione quotidiana subita dalle persone lesbiche, gay, bisessuali, transgender e intersessuali e da tutte quelle persone che non si conformano alle norme sessuali e di genere.
La data è stata scelta per ricordare il 17 maggio del 1990 quando L’Organizzazione Mondiale della Sanità ha deciso di rimuovere l’omosessualità dalla lista delle malattie mentali.
Non si tratta di una campagna centralizzata quanto di un momento nel quale tutte e tutti possono trarre vantaggio di agire.
Nel 2004 la denominazione era Giornata Internazionale Contro l’omofobia in inglese
International Day Agaist Homofobia da cui l’acronimo IDAHO.
Nel 2009 all’omofobia è stata aggiunta anche la transfobia, modificando l’acronimo in IDAHOT (International Day Agaist Homofobia  and Transphobia)
Nel 2015, la bifobia viene aggiunta al titolo senza modificare l’acronimo.
Essendo  una giornata internazionale ogni singolo Paese può decidere di modificare l’acronimo o la lista di persone discriminate da annoverare nel titolo della giornata stessa.
Nel Regno Unito per esempio, la giornata è indicata con l’acronimo IDAHOBiT  (Interational Day Against Homophobia, Biphobia and Transphobia) in America Latina la Lesbofobia è annoverata nell’acronimo al primo posto, etc.
Non trattandosi di un marchio commerciale ogni Paese deve sentirsi libero di modificarne e ampliarne il significato in base alle esigenze e sensibilità dello specifico percorso politico e di lotta*.
A livello internazionale si è deciso di aggiungere un sottotitolo che recita a worldwide celebration of sexual and gender diversities (una celebrazione mondiale della diversità sessuale e di genere) con una parola infelice (diversità) per il lessico italiano (in Italiano il diverso è una persona che devia dalla norma, in senso sminuente e dispregiativo ed è ancora annoverata come sinonimo di omosessuale.)
La Giornata internazionale contro l’omofobia, la transfobia e bifobia ha ricevuto il riconoscimento ufficiale da diversi Stati, dalle istituzioni internazionali come il Parlamento Europeo**, e da innumerevoli autorità locali.
La maggior parte delle agenzie delle Nazioni Unite segnano anche la Giornata con eventi specifici.
Da allora le mobilitazioni atte a celebrare la Giornata internazionale contro l’omofobia la transfobia e la bifobia uniscono milioni di persone a sostegno del riconoscimento dei diritti umani per tutte e per tutti, a prescindere dall’orientamento sessuale o dall’identità di genere.
Nel 2016 l’omosessualità è reato in 75 Stati con pene che oscillano tra i 7 e i 25 anni di carcere.
13 stati prevedono invece la pena di morte per gli atti omosessuali.
In 17 Stati pur non considerando gli atti omosessuali un reato sono state promosse leggi che limitano la libertà di espressione sull’orientamento sessuale.
Sul fronte opposto 70 stati si sono dotati di leggi contro la discriminazione per orientamento sessuale e identità di genere, 22 garantiscono l’accesso al matrimonio anche per le coppie dello stesso sesso mentre altri 24 Stati riconoscono un qualche tipo di unione civile.
In Italia la legge sulle unioni civili è stata licenziata dai due rami del parlamento lo scorso 11 maggio. Attualmente è in attesa della firma del Capo dello Stato.

A Roma la Croce Rossa organizza stasera un Salotto Musicale, a partire dalle 20.30 con un nutrito programma.
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* In diverse consultazioni sul nome della giornata sono state fatte con attivisti e attiviste di 120 Paesi dalle quali si è concluso che mentre fare riferimento alla IDAHOT per alcune parti del mondo è funzionale alla lotta di sensibilizzazione in molti Paesi o regioni dove le persone si trovano ad affrontare le minacce nella vita quotidiana, questa celebrazione è considerata inadeguata. Infine alcuni Paesi hanno percepito questa celebrazione come l’imposizione di valori occidentali.

** Nel testo approvato si può leggere:
« Il Parlamento europeo […] ribadisce il suo invito a tutti gli Stati membri a proporre leggi che superino le discriminazioni subite da coppie dello stesso sesso e chiede alla Commissione di presentare proposte per garantire che il principio del riconoscimento reciproco sia applicato anche in questo settore al fine di garantire la libertà di circolazione per tutte le persone nell’Unione europea senza discriminazioni; » (dall’articolo 8)
« […] condanna i commenti discriminatori formulati da dirigenti politici e religiosi nei confronti degli omosessuali, in quanto alimentano l’odio e la violenza, anche se ritirati in un secondo tempo, e chiede alle gerarchie delle rispettive organizzazioni di condannarli » (dall’articolo 10)