Fertility day. Aderiamo alla contro manifestazione Fertility fake: sessualità consapevole e adozione per tutte le coppie, anche quelle omosessuali,

Lanciata oggi da attivisti e attiviste in tutta Italia, il Fertility Fake è una protesta ironica e tagliente contro il Fertility Day la giornata per la sensibilizzazione alla fertilità voluta dalla Ministra Lorenzin, che presenta la maternità come scelta imposta da un dovere pubblico in un quadro ideologico a dir poco inquietante.
Sei davvero realizzata solo se fai un figlio, sei utile se fecondi, è famiglia se fatta da un uomo e una donna e la prole è biologica, denuncia la “Signorina effe”, il personaggio-testimonial del video che invita agli oltre 10 flash mob in tutta Italia sotto lo slogan Siamo in attesa, per ricordare tutto ciò di cui c’è davvero bisogno per diventare genitori (case, asili nido e lavoro).

Nella contro-manifestazione si parla anche di adozioni per le coppie dello stesso sesso, un tema imprescindibile quando parliamo del diritto alla genitorialità in quadro libero da pregiudizi e che parte da una realtà sociale in cui le formazioni familiari sono variegate e plurali.

14372051_1231946686846415_6733298766667007183_o-kc3-u10907493333728yg-1024x576lastampa-itIl tema riguardante le scelte sul proprio corpo, infine, ci riporta a una questione di importanza cruciale nel nostro Paese: è surreale che si propongano messaggi come quelli inviati dalla Ministra  in un Paese in cui non esiste alcuna forma di educazione sessuale nelle scuole e gli ospedali non hanno profilattici a disposizione.
La sessualità, e quindi anche la procreazione, è libera se è consapevole.

Per questi motivi, il circolo Anddos-Gaynet Roma aderisce convintamente alla mobilitazione del prossimo giovedì 22 settembre.

Per parteciapre al Flash Mob armati di:

– un cuscinone
– una clessidra
– una gran faccia tosta
e scendi in piazza con noi.

Sarà un grande #FertilityFake! A Roma e in tante altre piazze.

Gli appuntamenti per adesso previsti sono:
A Roma in piazza di Spagna alle 10.00
A Firenze in piazza dei Ciompi alle 18.30
A Napoli in piazza Bellini alle 18.30
A Torino in piazza Carignano alle 18.00
A Padova alle 16.30 in piazza delle Erbe
A Pisa, ore 18.00 in piazza Garibaldi
A Pescara ore 16.00 in piaza Salotto
A Bari ore 9.00 all’Università, Piazza Umberto I
A Perugia ore 18.00 in Corso Vannucci
…In continuo aggiornamento: segui l’evento Facebook.

Il punk è anche lgbt

image001   di Tom Dacre Nei locali LGBT si ascolta solamente musica pop, senza mai un accenno di metal, nonostante i molteplici artisti LGBT presenti nella scena metal, ne’ un accenno di musica punk, sebbene il punk sia stato molto dissacrante verso gli stereotipi di genere e contro le discriminazioni e il perbenismo e il puritanesimo della società borghese.

Nato a metà degli anni ’70 in inghilterra il punk si mostrò subito come una cultura di rottura, con una musica poco curata, molto veloce e rude, costituita da sonorità semplici e disturbanti, diversa dalle sonorità e dagli accordi ricercati e difficili della cultura rock precedente. La moda punk dissacrava il modo di vestire classico in modo provocatorio: capelli corti, sia per maschi che per femmine, e colorati, giubbini in jeans o in pelle, pantaloni strappati, kilt portati sia da uomini che da donne, collant strappati portati da entrambi i sessi, catene, borchie, lucchetti con catena portati come collana, collari sadomaso, stivali anfibi militari, già nelle prime formazioni punk c’erano artisti dichiaratamente LGBT, come Pete Shelley, il cantante della band punk inglese The Buzzcocks dichiaratamente bisessuale.

image004Uno dei simboli che ha caratterizzato la subcultura punk sin dal ‘77 è la capigliatura con la cresta detta a moicano, spesso colorata, introdotta da Derby Crash, cantante della band punk statunitense The Germs, che era apertamente omosessuale, anche se non è purtroppo una figura nota alle persone LGBT.

Le canzoni punk erano principalmente di provocazione, e parlavano di caos e violenza, anche se la band punk inglese Crass introdusse anche temi più politici e di lotta,  i Crass credevano in una società anarchica, priva di sfruttamento e gerarchie, e le loro canzoni si schieravano contro razzismo, omofobia, sessismo e discriminazioni.

Uno dei sottogeneri più noti del Punk,  l’HardCore Punk (HC Punk), nato in California nell’81 con la band D.O.A, si distingue per le creste colorate, gli abiti provocatori sadomaso e in pelle, oppure per i ben meno vistosi abiti skater, con scarpe larghe da skate, maglie larghe, pantaloncini e cappelli con visiera.
Nella loro musica aumenta la velocità, e la voce diventa molto più stridula,  i temi rimangono comunque quelli di ribellione al sistema e quelli di denuncia al razzismo, al sessismo e all’omofobia, e la critica al sistema capitalista.

image003Tra le band l’HardCore Punk statunitensi una delle più note, gli MDC, ha scritto testi fortemente antiomofobi quali “America So Straight?” e “Pay to Come Along”, e il loro cantante, Dave Dictor, eterosessuale, come critica al sessismo si è esibito anche vestito da donna,  e ha appoggiato molto le battaglie della comunità LGBT.

Nonostante molti artisti punk sia etero che queer abbiano appoggiato la comunità LGBT, purtroppo nella comunità LGBT sono in pochissimi ad apprezzare questo tipo di musica e la sua cultura. Ci auguriamo che questa tendenza possa cambiare e che molte persone LGBT si interessino a tale cultura che, con le sue provocazioni e la sua musica, ha dato loro un grande appoggio.

Unioni Civili, bene Raggi su cerimonia 17 settembre, ma resta necessario incontro

Abbiamo appreso con soddisfazione la notizia che la prima unione civile a Roma, prevista per il 17 settembre, sarà celebrata direttamente dalla sindaca Virginia Raggi. E’ un gesto importante, che si pone in controtendenza a rispetto ai fatti degli ultimi mesi. Ci teniamo tuttavia a ribadire che le unioni civili sono solo un tassello delle politiche contro le discriminazioni e della lotta all’omo-transfobia Auspichiamo quindi che la sindaca possa finalmente concretizzare questo cambio di rotta incontrando le oltre 15 associazioni, nazionali e romane, che già lo scorso 8 Agosto hanno presentato richiesta ufficiale di incontro. La richiesta delle associazioni, lungi dal rispondere a logiche partiti e tatticismi politici, è finalizzata a realizzare interventi culturali e sociali concreti che possano riportare Roma ad essere esempio nelle politiche sui diritti civili per tutti i comuni d’Italia, in un momento in cui, purtroppo, assistiamo ad un’inquietante recrudescenza dei fenomeni di intolleranza.

Rosario Coco
Presidente Anddos-Gaynet Roma

Roma, bene prima unione civile il 22 ottobre, ma aspettiamo ancora incontro con Virginia Raggi 

20150128_102259
Abbiamo finalmente una data, il prossimo 22 ottobre, per la prima unione civile della Capitale, quella tra gli amici Daniele e Christian, a quali auguriamo davvero il meglio per il loro futuro di famiglia, sperando che questo parziale strumento giuridico possa presto essere sostituto dal matrimonio egualitario.
Questo tuttavia non basta: Roma arriva a questo appuntamento con un considerevole ritardo rispetto a comuni come Napoli, Milano, Palermo o Bologna, che hanno già celebrato le prime unioni ad Agosto. A volte, come nel caso di Margherita, una donna malata terminale a Milano unitasi pochi giorni prima di morire, anche una settimana può fare la differenza.
Le unioni civili sono solo un tassello rispetto ad una serie di interventi concreti da realizzare contro le discriminazioni, di cui i comuni e in particolare la Capitale devono farsi carico.
E’ per questo che si rende sempre più necessario un incontro tra le realtà LGBTI e la sindaca Virginia Raggi, incontro chiesto già due settimane fa da numerose sigle nazionali e romane, tra cui anche Anddos, sul quale si attende ancora risposta.
La posta in gioco non sono solo le celebrazioni, sulle quali abbiamo ora notizie positive, ma le politiche a tutela delle persone LGBTI e più in generale contro ogni discriminazione: nessun altra città come Roma può dare il buon esempio sul piano nazionale a fronte degli oltre 8000 comuni che si apprestano a rapportarsi non solo con la nuova legge, ma anche con una crescente reazione di intolleranza molto diffusa sul territorio e nei social: ultima triste prova di tutto questo lo sciacallaggio mediatico di alcuni account pseudo religiosi che hanno dato la colpa della tragedia di Amatrice alle unioni civili. Contro questi episodi di vera e propria istigazione all’odio è necessaria una profonda azione culturale che deve necessariamente partire dalle realtà comunali e della quale la città di Roma deve tornare ad essere tra i capofila.
Rosario Coco

Presidente Anddos-Gaynet Roma