La Sapienza di Roma adotta il doppio libretto per le persone trans

di Riccardo Russo*

Ieri, nel  tardo pomeriggio, il Senato Accademico della più grande Università d’Europa, La Sapienza di Roma, ha approvato finalmente la carriera alias (doppio libretto) per le persone trans.

Una decisione sollecitata e sostenuta dalla lista di rappresentanza studentesca Link Sapienza e da Prisma – Collettivo LGBTQIA+.

Quando si parla di carriera alias, si intende sostanzialmente la possibilità  di intraprendere una seconda immatricolazione e relativa  “carriera accademica” che si muove in parallelo a quella con i dati anagrafici di nascita tenendo conto del nome e del genere di elezione, scelti dalla persona.
Avviando una carriera alias, dunque, tutte le procedure accademiche (iscrizione all’esame e badge universitario, in particolare) sono espletate anche con i dati anagrafici scelti.
Al momento della laurea, le due carriere si riuniscono; quella che avrà valore legale sarà la carriera che rispecchia i dati anagrafici ufficiali.
La carriera alias non ha infatti validità al di fuori dell’Università, ma è comunque uno strumento che permette  di vivere serenamente, quantomeno all’interno delle mura accademiche, la propria esistenza venendo riconosciuta col nome e il sesso di elezione e non solamente con quelli di nascita.

L’iter per l’approvazione è stato lungo: inizialmente, l’Amministrazione dell’Università voleva dare questa possibilità solamente a chi avesse già intrapreso il percorso di transizione verso l’altro sesso.

In tal modo, però, si sarebbero escluse quelle persone che non avevano avuto intenzione di iniziare questo percorso, per i motivi i più diversi (economici, familiari o  anche solo per un proprio equilibrio fisico o decisione personale).
È stato dunque ottenuto che chiunque possa richiedere l’attivazione della carriera alias, senza l’obbligo di alcuna transizione.

La proposta iniziale del Collettivo LGBTQIA+ prevedeva una semplice autocertificazione, fornita dalla persona all’Università.

Il motivo è presto detto: la stessa OMS ha finalmente eliminato la transessualità dall’elenco delle patologie psichiatriche, lanciando un messaggio chiaro alle istituzioni:  non è necessario diagnosticare nulla, da nessun punto di vista, per garantire l’accesso ad un eventuale percorso di transizione.
Su questo punto, è stata ottenuta la possibilità di certificazione da parte di un generico “ente competente”, che ora si tenterà di individuare anche internamente all’Ateneo per garantire un percorso il meno invasivo possibile e fuori dalla logica “diagnostica”.

In questi anni, moltissime persone trans hanno abbandonato gli studi o si sono sentite escluse dall’ambiente accademico perché non era riconosciuta la loro identità.

Questa è dunque una prima vittoria per l’accesso al diritto allo studio per tutte e tutti.

*membro di Prisma – Collettivo LGBTQIA+ Università La Sapienza