L’importanza della bisessualità nel nostro immaginario collettivo.

Riceviamo una mail da un nostro socio, Tom Dacre, sulla fiction tv di RAI 1 Un professore per la regia di Alessandro D’Alatri, che abbiamo girato al nostro esperto di media Alessandro Paesano che ha risposto a Tom.

Pubblichiamo mail e risposta con l’auspicio che possa essere occasione per riflettere sulla capacità dei telefilm di smuovere l’immaginario collettivo, e offrire personaggi nei quali tutte le persone possano davvero immedesimarsi.
Perché parafrasando Fassbinder, i telefilm liberano la testa ma possono anche fare dei danni.  

Dall’11 novembre al 16 dicembre 2021 sono andati in onda su rai 1 in prima serata gli episodi della serie tv un professore che racconta le vicissitudini di Dante Balestra, un insegnante di filosofia di mezza età sia nel lavoro a scuola che nella vita privata; le due sfere nella fiction si incrociano essendo Simone Balestra, suo figlio, anche alunno di una classe in cui insegna.
Nel corso della trama Simone si scopre omosessuale e attratto dal suo migliore amico, Manuel, con il quale avrà una notte d’amore ma che, nonostante tutto, si dichiara eterosessuale.
La serie sembra avere una qualità migliore rispetto al prodotto medio rai (cioè almeno personalmente non mi puzza di fascioclericalata “buonista” come la fiction del prete in bicicletta che si dà alle indagini, serie che nemmeno nomino), porta non solo delle piccole nozioni di filosofia al grande pubblico, ma anche è libera, a parer mio, da quel moralismo perbenista che mi sembra di trovare in molti prodotti Rai, e tratta l’argomento omosessualità e la scoperta di sé in modo realistico, senza patetismi e macchiette.

Simone (Nicolas Maupas) e Manuel (Damiano Gavino).

Ciò che mi ha deluso invece, soprattutto da persona bisessuale, è stata la mancanza del concetto di bisessualità; capisco che nessuno dei personaggi lo sia, nemmeno Manuel sebbene abbia avuto un rapporto sessuale con Simone (non è un rapporto sessuale a definire l’orientamento sessuale di una persona), ma almeno potevano nominarla anche solo nei dialoghi, anche solo per ipotesi;
ad esempio quando Simone e Manuel parlano del rapporto sessuale che hanno avuto Manuel sottolinea la propria eterosessualità e dice a Simone che il rapporto ha avuto con lui c’è stato perché “con lui è diverso” (cit.); qui nella sceneggiatura si poteva inserire la domanda di Simone a Manuel “non è che sei bisessuale?” a cui la risposta sarebbe stata no, ma almeno avrebbero mostrato di aver tenuto conto dell’esistenza della bisessualità; così come si poteva far dire a Manuel “non sono gay né bisessuale”, e invece no, la parola “bisessuale” o “bisessualità” non sono proprio  nominate…

Spero almeno che l’argomento venga trattato nella seconda stagione della serie, che è stato annunciato si farà.

Tom Dacre

 

Ciao Tom,
hai perfettamente ragione, nella nostra discorsività la bisessualità non è ancora una opzione. Rimaniamo dentro un dualismo etero-omo angusto e ipocrita.

Fai bene a pretendere che la bisessualità venga menzionata, perché esiste ed è il terzo orientamento sessuale, quello che di fatto spezza il binarismo omosessista che contrappone all’eterosessualità esclusivamente le omosessualità (gay e lesbica), un binarismo criticato, giustamente, da certo pensiero queer e non solo.

La serie diretta da un regista bravo come Alessandro D’Alatri, e sceneggiata da Sandro Petraglia, un uomo di grande mestiere, promuove timidamente in un immaginario collettivo tutt’altro che inclusivo.

Quando Simone racconta alla sua ex Laura che si è innamorato di Simone, le dice che l’ha lasciata non perché ama un’altra persona ma perché ha capito di essere gay (e la parola non viene nemmeno detta, ma solo allusa).
Nell’immaginario collettivo della fiction Simone sembra aver lasciato Laura più per incompatibilità che per onestà sentimentale.
Anche qui la bisessualità avrebbe potuto fare capolino, come possibilità, ma per Petraglia, lo sceneggiatore, se sei un ragazzo e ti piacciono gli uomini allora le donne non ti piaceranno sicuramente. Questo immaginario non funziona e i giovani e le giovani di oggi non hanno dei personaggi in cui immedesimarsi.

Finché pensiamo agli orientamenti sessuali come a dei recinti dai quali non possiamo mai sconfinare, a qualsiasi età, non capiremo mai davvero che Simone può essere gay ma fare l’amore anche con le ragazze, e che Manuel può essere etero anche se fa l’amore con Simone, perché non gli piace Simone in quanto ragazzo ma in quanto Simone, proprio quella persona lì, non il rappresentante di una categoria.

Mi chiedo quante persone abbiano rinunciato a un amore omoerotico per tema di dover rinunciare al resto, a quel luogo ideale dove preferiscono stare di solito ma dal quale, per il momento, si sono allontanate.

Purtroppo questa serie è pavida al punto tale di scegliere addirittura di non mostrare né il momento in cui Simone fa coming-out con la madre, vediamo il dopo, senza nominare che cosa è venuto a dirle, e, ancora più significativo, il momento un cui Simone e Manuel fanno l’amore.
Petraglia in seguito alle tante proteste del pubblico ha risposto che non è sempre necessario mostrare uno scambio sessuale. Quale sesso? Petraglia ignora che quello che il pubblico ha bisogno di vedere non è il sesso simulato ma l’affetto rappresentato, gli sguardi di amore e di eccitazione, il desiderio, la passione, l’essere insieme che fa di due persone qualcosa di forte, di potente, d’invincibile: due ragazzi che si amano.

Non il sesso ma l’amore.

Invece per l’Italia bacchettona del terzo millennio un mezzo bacio e un paio di indumenti raccolti, dopo, devono bastare.

Quindi Tom purtroppo, come vedi, questa serie impoverisce l’immaginario collettivo da diversi fronti.
Lo impoverisce dal fronte della bisessualità che non viene nemmeno presa in considerazione, di cui tu giustamente protesti, e da quello dell’affettività tra persone dello stesso sesso, che invece di essere censurata dovrebbe restituire con emozione, trasparenza ed empatia  la relazionalità tra due ragazzi che si amano portando in scena i loro sentimenti.

Alessandro Paesano

 

Voi che ci leggete cosa ne pensate?

Vi va di commentare, di scrivere, di intervenire?
Un’unica raccomandazione nessuno vi chiede di difendere una serie che vi piace né di criticare una serie che non vi è piaciuta.

Vi chiediamo se riuscite a  immedesimarvi nell’immaginario collettivo proposto da Petraglia e d’Alatri.

Diteci la vostra.

La redazione di Gaynet-Roma.